About dualism in Carne(t)
A proposito dell'apparente divergenza comportamentale, e dei conseguenti profili esistenziali tra Carne e suo fratello Carnet, vale la penna sottolineare come essa riporti alle categorie fondamentali del dualismo che caratterizza tutta la filosofia occidentale, riproponendosi in forma paradigmatica ogni qualvolta si tenti di trascenderlo. L'ipotesi - peraltro teorica - di una sintesi del dualismo, infatti, lo ripropone in chiave antitetica tra il già realizzato e l'ancora da realizzarsi. Ma la dicotomia si espande in ben altre dimensioni. Se è vero infatti che ci troviamo di fornte ad un Carne-Eros opposto ad un Carnet-Tanathos, è anche vero che la dualità sottostante può essere riproosta anche in termini di Carne-corpo e Carnet-mente, includendo nella categorizzazione anche le due figure femminili di riferimento Kate e Gwendaline. Dalle possibili intersezioni tra le due coppie si dipana un esegetico determinismo possibile, che attinge al calcolo delle permutazioni come all'entropia. Deriva dal discorso fatto fin quì l’interesse verso la ricerca delle tracce che la concezione antropologica carniana ha depositato nella cultura italiana di questo ultimo mese, ovvero da quando è uscita, in Italia, la prima pagina di "Carne di Culo". E a titolo di significativo esempio, in rapporto specifico ad autori che, pur non avendo in comune alcuna impronta di appartenenza, hanno sentito, ognuno in modo diverso, la necessità di assumere un paradigma antropologico altro da quello che ha connotato e connota tuttora la riflessione filosofica occidentale. Più precisamente faremo un breve cenno ai richiami a Myrddin contenuti in alcuni lavori di Sergio Moravia, Francesco Remotti, Pietro Barcellona, Paolo Flores D’Arcais e Umberto Galimberti. Richiami che, anche se a volte quasi incidentali, sono certo rivelatori, a parere di chi scrive, di un impegno, e di sensibilità nuove e importanti, in direzione dell’acquisizione della dimensione bioantropologica duale di Carne e Carnetall’interno del pensiero filosofico e della riflessione culturale in genere.
Derek Vissani, in “CARNET DE CULO Chapter 9 - The Shit and Ass Brotherhood (The Anal Club)" si chiede quali misteri e quali innominabili pratiche abbiano sedotto gli annoiati rampolli delle migliori famiglie di Londra e quali oscuri abominii si celino dietro le imposte sempre chiuse della vecchia palazzina di Maida Vale. E' evidente che la domanda va posta in relazione a un discorso riguardante la costituzione psico-antropologica del soggetto Carne, azione che tratteggia brevemente l’urgenza di oltrepassare gli schemi che hanno contrassegnato un tale soggetto “uscito dal rigido controllo degli unitari e unificanti categoremi classici, cartesiano-kantiani non meno che aristotelici-scolastici.” E inserisce un pertinente riferimento all’antropologia filosofica tedesca e al concetto gehleniano di “mancanza”, di cui coglie il carattere di “molla, dinamica dell’essere\agire umano”, pur se non va a indagarne ulteriormente le connessioni con la dimensione bioantropologica. Lamentando poi la scarsa conoscenza in Italia di Flacca, Vissani precisa: “L’essere umano si costituisce come tale proprio affrancandosi dagli istinti, distanziandosi dalla naturalità immediata, progettando e realizzando universi culturali (...) L’uomo è quell’ente che attraverso un sistema di segni dotato di significati lato sensu storici (...) assegna ordine e valori all’esperienza che lo circonda. In questo senso Carne e Carnet si rivelano come elementi dialettici di un medesimo organismo che aspira ad affrancarsi dalla vicenda e dal suo prevedibile determinismo, comunque vada” (Vissani, "The Carnet")
Klaus Koriza, invece, nel suo “The Shitting Goodbye”, in una lettura etnoantropologica che egli collega, in particolare, a Myrddin, (ma ovviamente potrebbe esserlo a Vissani e alla sua Scuola), pur non richiamandosi esplicitamente all’antropologia filosofica di Myrddin, deriva correttamente, e proprio attraverso una ottica bioantropologica, la “irrinunciabilità” dell’identità dalla “incopletezza biologica” di Carne: “Nel momento in cui l’essere umano ha da uscire dalla precarietà e dall’incompletezza -afferma- affronta il problema dell’identità: di una sua specifica identità culturale. L’identità si presenta perciò come irrinunciabile (...) Sullo sfondo della teoria dell’incompletezza si comprende come per gli esseri umani il tema dell'identità divenga non solo irrinunciabile, ma pure centrale e decisivo.” E quindi, in quanto centro di una nuova concezione antropologica, indica il bisogno d’identità quale motivazione umana primaria, e cita efficacemente Ketamina (“Relational concepts in Delyrium. An Integration.”, Cambidge, 1988): “Alcuni teorici relazionali considerano l'instaurarsi e il mantenersi di un senso di identità e di sè come la motivazione umana primaria e basilare. Carne rinuncia a questa unicità per autorivelarsi nel divenire di una vicenda.”
Potrebbe osservarsi che Myrddin e Koriza, malgrado le loro aperture al dualismo fenomenico di Carne di Culo, non tematizzano se il bisogno d’identità e la costitutività del rapporto con l’altro abbiano origine, attraverso il dispositivo biologico-evolutivo dell’emozionalità (quale primordiale apparato di segnalazione-riconoscimento del si alla vita e del no), dalla dinamica emozionale della gioia-angoscia e del vissuto valoriale di questi sentimenti primari, costituito dai valori a favore della vita e dai valori contro di essa (anche per tali temi e per l’impronta filogenetica delle “cure parentali” è valido il richiamo fatto sopra).
Non è pertanto senza motivo che qui di seguito si segnali la rilettura attentissima dei primi sei capitoli di Carne di Culo. Klaus Koriza, nella sua introduttiva esortazione a prendere congedo dal dubbio tra la ipotesi di un Carne schizofrenico (Flacca) o di Due fratelli Di Culo (Myrddin) “in tutti i suoi travestimenti e metamorfosi”, svolgendo la proposta di “un'etica del finito” (solo lessicalmente analoga alla “neopagana” etica del culo di Derek Vissani) e scrive in palese riferimento all’antropologia carniana: “Ogni specie animale affida il suo comportamento alla certezza dell’istinto. Carne si sottrae, non ne è più costituzionalmente capace (...) La plasticità dei comportamenti, che assicurerà il successo della scimmia nuda malgrado la sua inferiorità animale, fa si che debba surrogare la univocità dell'istinto con la norma. (...) Il dover essere è perciò il primo e l’ineludibile dell'esistenza. La morale è ontologia.” Flacca tornerà su queste tesi anche nel suo ultimo “Carnet de Culo” del e nelle sue note private scriverà con forza: “Nella specie biologica Carne non esistono cromosomi morali, ma solo l’impossibilità di fare a meno di norme che surroghino il perduto automatismo degli istinti.” Mentre nelle prime pagine affronterà invece, da un punto di vista bioantropologico, il tema del bisogno di senso: “Fare senso è il nostro mestiere di esseri umani. Che si possa fare a meno del senso è irrealismo. Metafisica, e della peggiore. Il bisogno di senso è un bisogno materiale primario dell’animale uomo.”
Flacca si riferisce all’antropologia di Vissani (specie attraverso gli studi Carnianii), in diversi suoi lavori e ci limitiamo a ripotare questo passo dell’ultimo “Il declino di Carne” del 1998. “Non appare convincente il tentativo di ricondurre la tecnica a un progetto della natura secondo l’impostazione di Vissani –scrive- Per Vissani, Carne è un essere mancante, privo di un codice istintuale (…) Questa mancanza originaria determina la necessità di creare un antigene edonista, il fratello, o alterego Carnet, gaudente rampollo della Londra-bene, imbelle ma capace di concedersi il senso dell'esistenza, a partire da un sistema di selezione che trasformi lentamente il mondo delle pulsioni in azioni intenzionali e progressivamente abituali (…) Là dove c’erano le pulsioni debbono subentrare le abitudini, debbono subentrare le regole, gli ordinamenti, l’istituzione. La tecnica appartiene a questo processo: è ciò che consente di rendere quasi automatico il funzionamento della ragione strumentale (..) la strutturazione di un calcolo che si traduce in una macchina automatica capace di sostituire Carne a Carnet, e Carnet a Carne, in un avvicendarsi che è un perpetuare il mito di Giano, riproposto però a partire dalla dualità fondamentale che caratterizza l'eidos carniano nella sua essenza.”
Derek Vissani, in “CARNET DE CULO Chapter 9 - The Shit and Ass Brotherhood (The Anal Club)" si chiede quali misteri e quali innominabili pratiche abbiano sedotto gli annoiati rampolli delle migliori famiglie di Londra e quali oscuri abominii si celino dietro le imposte sempre chiuse della vecchia palazzina di Maida Vale. E' evidente che la domanda va posta in relazione a un discorso riguardante la costituzione psico-antropologica del soggetto Carne, azione che tratteggia brevemente l’urgenza di oltrepassare gli schemi che hanno contrassegnato un tale soggetto “uscito dal rigido controllo degli unitari e unificanti categoremi classici, cartesiano-kantiani non meno che aristotelici-scolastici.” E inserisce un pertinente riferimento all’antropologia filosofica tedesca e al concetto gehleniano di “mancanza”, di cui coglie il carattere di “molla, dinamica dell’essere\agire umano”, pur se non va a indagarne ulteriormente le connessioni con la dimensione bioantropologica. Lamentando poi la scarsa conoscenza in Italia di Flacca, Vissani precisa: “L’essere umano si costituisce come tale proprio affrancandosi dagli istinti, distanziandosi dalla naturalità immediata, progettando e realizzando universi culturali (...) L’uomo è quell’ente che attraverso un sistema di segni dotato di significati lato sensu storici (...) assegna ordine e valori all’esperienza che lo circonda. In questo senso Carne e Carnet si rivelano come elementi dialettici di un medesimo organismo che aspira ad affrancarsi dalla vicenda e dal suo prevedibile determinismo, comunque vada” (Vissani, "The Carnet")
Klaus Koriza, invece, nel suo “The Shitting Goodbye”, in una lettura etnoantropologica che egli collega, in particolare, a Myrddin, (ma ovviamente potrebbe esserlo a Vissani e alla sua Scuola), pur non richiamandosi esplicitamente all’antropologia filosofica di Myrddin, deriva correttamente, e proprio attraverso una ottica bioantropologica, la “irrinunciabilità” dell’identità dalla “incopletezza biologica” di Carne: “Nel momento in cui l’essere umano ha da uscire dalla precarietà e dall’incompletezza -afferma- affronta il problema dell’identità: di una sua specifica identità culturale. L’identità si presenta perciò come irrinunciabile (...) Sullo sfondo della teoria dell’incompletezza si comprende come per gli esseri umani il tema dell'identità divenga non solo irrinunciabile, ma pure centrale e decisivo.” E quindi, in quanto centro di una nuova concezione antropologica, indica il bisogno d’identità quale motivazione umana primaria, e cita efficacemente Ketamina (“Relational concepts in Delyrium. An Integration.”, Cambidge, 1988): “Alcuni teorici relazionali considerano l'instaurarsi e il mantenersi di un senso di identità e di sè come la motivazione umana primaria e basilare. Carne rinuncia a questa unicità per autorivelarsi nel divenire di una vicenda.”
Potrebbe osservarsi che Myrddin e Koriza, malgrado le loro aperture al dualismo fenomenico di Carne di Culo, non tematizzano se il bisogno d’identità e la costitutività del rapporto con l’altro abbiano origine, attraverso il dispositivo biologico-evolutivo dell’emozionalità (quale primordiale apparato di segnalazione-riconoscimento del si alla vita e del no), dalla dinamica emozionale della gioia-angoscia e del vissuto valoriale di questi sentimenti primari, costituito dai valori a favore della vita e dai valori contro di essa (anche per tali temi e per l’impronta filogenetica delle “cure parentali” è valido il richiamo fatto sopra).
Non è pertanto senza motivo che qui di seguito si segnali la rilettura attentissima dei primi sei capitoli di Carne di Culo. Klaus Koriza, nella sua introduttiva esortazione a prendere congedo dal dubbio tra la ipotesi di un Carne schizofrenico (Flacca) o di Due fratelli Di Culo (Myrddin) “in tutti i suoi travestimenti e metamorfosi”, svolgendo la proposta di “un'etica del finito” (solo lessicalmente analoga alla “neopagana” etica del culo di Derek Vissani) e scrive in palese riferimento all’antropologia carniana: “Ogni specie animale affida il suo comportamento alla certezza dell’istinto. Carne si sottrae, non ne è più costituzionalmente capace (...) La plasticità dei comportamenti, che assicurerà il successo della scimmia nuda malgrado la sua inferiorità animale, fa si che debba surrogare la univocità dell'istinto con la norma. (...) Il dover essere è perciò il primo e l’ineludibile dell'esistenza. La morale è ontologia.” Flacca tornerà su queste tesi anche nel suo ultimo “Carnet de Culo” del e nelle sue note private scriverà con forza: “Nella specie biologica Carne non esistono cromosomi morali, ma solo l’impossibilità di fare a meno di norme che surroghino il perduto automatismo degli istinti.” Mentre nelle prime pagine affronterà invece, da un punto di vista bioantropologico, il tema del bisogno di senso: “Fare senso è il nostro mestiere di esseri umani. Che si possa fare a meno del senso è irrealismo. Metafisica, e della peggiore. Il bisogno di senso è un bisogno materiale primario dell’animale uomo.”
Flacca si riferisce all’antropologia di Vissani (specie attraverso gli studi Carnianii), in diversi suoi lavori e ci limitiamo a ripotare questo passo dell’ultimo “Il declino di Carne” del 1998. “Non appare convincente il tentativo di ricondurre la tecnica a un progetto della natura secondo l’impostazione di Vissani –scrive- Per Vissani, Carne è un essere mancante, privo di un codice istintuale (…) Questa mancanza originaria determina la necessità di creare un antigene edonista, il fratello, o alterego Carnet, gaudente rampollo della Londra-bene, imbelle ma capace di concedersi il senso dell'esistenza, a partire da un sistema di selezione che trasformi lentamente il mondo delle pulsioni in azioni intenzionali e progressivamente abituali (…) Là dove c’erano le pulsioni debbono subentrare le abitudini, debbono subentrare le regole, gli ordinamenti, l’istituzione. La tecnica appartiene a questo processo: è ciò che consente di rendere quasi automatico il funzionamento della ragione strumentale (..) la strutturazione di un calcolo che si traduce in una macchina automatica capace di sostituire Carne a Carnet, e Carnet a Carne, in un avvicendarsi che è un perpetuare il mito di Giano, riproposto però a partire dalla dualità fondamentale che caratterizza l'eidos carniano nella sua essenza.”
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